(Adnkronos) – Esperti a confronto su questa patologia rara. Brussino, “La diagnosi prevede la disamina dell’interessamento d’organo anche in assenza di una sintomatologia caratteristica a carico di quell’organo. Si tratta quindi di una diagnosi di esclusione, che richiede tempo e attenzione, da un lato per definire la causa dell’ipereosinofilia e dall’altro per definire l’estensione dell’interessamento d’organo. Per questo motivo è fondamentale creare dei team multidisciplinari che collaborino al fine di un corretto approccio diagnostico e gestionale a questa malattia”. Papayannidis, “Anche l’ematologo gioca un ruolo chiave: da un punto di vista diagnostico, l’ematologo deve andare a escludere in primis quelle che sono patologie clonali midollari causate dalla presenza di riarrangiamenti o alterazioni genomiche che determinano una proliferazione abnorme degli eosinofili; laddove non vi sia nessuna causa riscontrata, allora andremo a parlare di forme idiopatiche, davanti alle quali oggi abbiamo a disposizione un nuovo farmaco, un anticorpo, che agisce nei confronti di un’interleuchina, l’interleuchina 5. Questo anticorpo si chiama mepolizumab e ha la capacità di modificare e migliorare i sintomi che questi pazienti possono presentare, di conseguenza ne migliora la qualità di vita”.