Con una polizza vita viene previsto che la compagnia assicurativa si impegni, dietro la corresponsione di un premio, a liquidare al beneficiario, o ai beneficiari designati in polizza, un capitale in un’unica soluzione o attraverso una rendita. Si tratta di strumenti in termini previdenziali per la propria famiglia, oltre che di una forma di previdenza integrativa.
Il mercato assicurativo offre diversi prodotti in grado di soddisfare le diverse esigenze e necessità, che si possono suddividere principalmente in tre tipi di polizza vita.
Le polizze vita caso morte che assicurano la liquidazione di un capitale al beneficiario indicato in polizza in caso di morte dell’assicurato e pertanto non prevedono alcun versamento da parte della Compagnia nel caso in cui, alla scadenza del contratto, l’assicurato sia in vita.
Le polizze vita miste che prevedono la liquidazione di un capitale al beneficiario sia in caso di morte dell’assicurato che in caso di vita dello stesso.
Le polizze vita caso vita caratterizzate dal fatto che alla loro scadenza viene versato al beneficiario un capitale o una pensione integrativa. In questo caso l’assicurazione non prevede alcuna copertura in caso di morte dell’assicurato, ma se ciò dovesse accadere nel corso di validità della polizza, agli eredi del defunto verrà erogato il cumulo dei premi versati fino al decesso dell’assicurato, rivalutato a seconda del rendimento ottenuto grazie alla gestione del patrimonio operata da parte della compagnia assicurativa. Rientrano in questa categoria le polizze a più elevato contenuto finanziario, che prevedono un contratto di capitale differito o di capitalizzazione o le polizze index o unit linked che ricadono nelle polizze ramo III°.
Viene così, infatti, definito un prodotto assicurativo in cui il rischio principalmente è finanziario ed è assunto dal contraente. La normativa infatti stabilisce che in questa categoria di polizze la prestazione è legata principalmente all’andamento del valore degli investimenti sottostanti.
Sono queste le polizze in sempre più grande espansione in quanto l’interesse risiede principalmente nella facilitazione dell’imposizione fiscale. Nelle polizze vita unit e index linked, i capitali percepiti per motivi diversi dalla morte dell’assicurato sono tassati sulla differenza tra ammontare incassato e premi versati. L’aliquota da applicare varia dal 12,5% al 26% e dipende dal periodo in cui sono maturati i redditi erogati e dalla presenza di investimenti in titoli di Stato.
Ma anche per le migliori condizioni ereditarie. Nel caso di morte dell’assicurato l’importo corrisposto dall’assicurazione è, dal 1° gennaio 2015, in parte esente e in parte tassato. Sotto il profilo dell’imposta di successione, le somme percepite dai beneficiari in caso di decesso dell’assicurato non concorrono a formare l’asse ereditario, se percepite iure proprio; vi rientrano, invece, se le somme pervengono agli eredi iure successionis.
La sentenza n. 10333/2018 della Suprema corte di Cassazione ha sollevato dei dubbi sulla qualificazione delle polizze vita del Ramo III°, conosciute, appunto, come unit e index linked.
Il dubbio sollevato dalla sentenza verte sulla possibilità di identificare tali contratti come polizze assicurative sulla vita, in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore, oppure si tratti di uno strumento finanziario, in cui il rischio della “performance” cade per intero sull’assicurato. Le polizze unit linked rappresentano per la Cassazione investimenti finanziari e non polizze vita. La Corte ha, infatti, stabilito che le polizze vita sono da considerarsi tali solo se garantiscono la restituzione del capitale investito, altrimenti sono contratti di investimento ordinari. La pronuncia dei giudici ha quindi attivato una potenziale bomba a orologeria sull’intero sistema assicurativo, in quanto quello del ramo vita rappresenta uno dei pilastri del business assicurativo in Italia.
Basti pensare che nello scorso febbraio la nuova produzione vita aveva raggiunto 7,8 miliardi e di questi 5 miliardi sono polizze tradizionali mentre 2,7 miliardi sono di ramo III°, cioè il 35% del giro d’affari del segmento.
Secondo la Cassazione, se viene a mancare la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza, il prodotto oggetto dell’intermediazione deve essere considerato un vero e proprio investimento finanziario da parte degli assicurati e non più una polizza assicurativa sulla vita.
Se così fosse tutte le polizze di ramo III° (index e unit linked) verrebbero ad essere penalizzate soprattutto dal punto di vista fiscale, perché la tassazione delle plusvalenze nelle polizze è differente rispetto ai contratti di investimento ed inoltre anche per gli aspetti successori.
L’Ania, l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ha cercato di ridimensionare la portata della pronuncia della Cassazione affermando che le polizze sulla vita sono contraddistinte da garanzie di tipo finanziario e demografico, cioè legate alla vita dell’assicurato.
Pertanto nessun dubbio dovrebbe essere espresso sulla natura assicurativa di questi prodotti.
Claudio Testuzza