Anche per la Corte Costituzionale è apparsa legittima la trattenuta del 2,5 % sullo stipendio, operata ai pubblici dipendenti, nonostante l’abrogazione della buonuscita e l’introduzione del Tfr dal 2001. La Corte, con la sentenza n. 213 del 22 novembre, ha affermato che tale riduzione non viola i principi costituzionali di parità e giusta retribuzione.
La vicenda della sostenuta ingiustizia della trattenuta del 2,5 % si apre con la legge n. 448/1998, la Finanziaria per il 1999, attraverso la quale si disponeva dal 1° gennaio 2001 il passaggio a regime di TFR di tutto il personale dello Stato in regime già di TFS, ovvero assunto prima del 2000. Diverse ordinanze sollevate sui ricorsi provenienti da giudici giungono alla Consulta che decreta, con la sentenza n. 223/12, come illegittima la trattenuta del 2,5 % nel nuovo regime di TFR. Con la legge 228/12 il Governo di allora corre ai ripari e dispone il reintegro del regime di TFS per il suddetto personale, onde evitare di restituire la trattenuta del 2,5 % operata, salvo entro un anno disporre la liquidazione della differenza tra TFS e TFR al personale andato in pensione.
Sono passati sei anni, ma il decreto non è mai uscito per cui agli interessati, specie a quelli già andati in pensione, era stato suggerito di presentare un decreto ingiuntivo e a chi è in servizio di inviare una diffida per interrompere i termini di prescrizione.
Tuttavia, nel frattempo, la Consulta si era pronunciata una seconda volta con la sentenza n. 244/14, dichiarando legittima la trattenuta del 2,5 % in regime di TFS proprio perché diverso dal regime di TFR dove non esiste ai sensi del codice civile richiamato.
In ultimo è intervenuto il Tribunale di Perugia ritenendo dubbiosa la legittimità costituzionale dei provvedimenti di riduzione della retribuzione in quanto comporterebbero un’evidente e ingiustificata disparità di trattamento tra dipendenti dello Stato e degli enti locali in regime di buonuscita e gli stessi lavoratori in regime di Tfr. Poiché i primi risulterebbero titolari di una retribuzione più elevata di quella dei secondi. Il più rappresentato proprio dal contributo del 2,5 %.
La Corte ha ritenuto non fondata la questione di legittimità adombrata dal Tribunale perugino. Infatti ritiene che il meccanismo di riduzione della retribuzione lorda applicato in misura pari all’ammontare del contributo soppresso è stato preordinato a contenere gli oneri connessi all’introduzione del Tfr e risponderebbe all’esigenza di apportare indispensabili adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale che transita al regime del Tfr, al fine di salvaguardare l’invarianza della retribuzione netta. Condizione prescritta dalla stessa legge.
Aggiunge, ancora, la Corte che la riduzione prevista è anche la risultanza di un percorso negoziale indirizzato a salvaguardare la parità del trattamento retributivo dei dipendenti con il medesimo inquadramento e con le stesse mansioni, proprio in armonia con il principio di parità di trattamento contrattuale dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Infatti tale principio impone che, a parità d’inquadramento e di mansioni, corrisponda la stessa retribuzione e che questa non possa modificarsi in ragione di dato accidentale quale è l’applicazione del regime del Tfr ovvero del Tfs.
Infine la Corte, escludendo la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, osserva che l’eterogeneità delle regole disciplinanti i due regimi preclude una valutazione comparativa come era stato richiesto dal Tribunale di Perugia.