In diverse sedi , anche parlamentari si era fatta avanti la proposta di allungare i tempi per l’utilizzo della così detta “ opzione donna ”, ex articolo 1,comma 9 della legge n. 243/2004, che permetteva alle lavoratrici dipendenti di poter andare in pensione con 57 anni d’età e 35 anni di contributi. Ma la discussione ha avuto, poi, un improvviso stop in considerazione di un supposto elevato costo identificato dall’Inps.
Ma il successo della disposizione è dimostrato dal fatto che le donne che entro il 2015 hanno deciso di anticipare il pensionamento utilizzando l’opzione a loro riservata sono state ben 64.654. Il dato è contenuto nel quindicesimo rapporto annuale dell’Inps presentato alcuni giorni addietro ed è ben più alto di quanto diffuso in precedenza e delle stime che erano state fatte, in base a cui il totale all’anno scorso avrebbe potuto chiudersi con poco meno di 49 mila pensioni liquidate. A questo dato, invece, secondo i nuovi dati Inps, corrispondono più o meno le sole pensioni delle gestioni private dell’istituto, a cui vanno aggiunte altre 17 mila pensioni del comparto pubblico.
L’“opzione donna” consente di andare in pensione con 35 anni di contributi e 57 anni di età per le dipendenti e un anno in più per le autonome, da adeguare all’aspettativa di vita, per cui nel corso del tempo sono stati aggiunti tre mesi. Erano, comunque, in passato sorte diverse perplessità in merito al fatto che i requisiti richiesti dovessero o meno essere posseduti entro il 31 dicembre 2015.
L’Inps, del tutto autonomamente, con due circolari (la n. 35 e la n. 37 del 2012), aveva incluso nel computo, in modo evidentemente arbitrario, le “finestre mobili” al tempo vigenti (12 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi), riducendo di un anno il regime sperimentale connesso all’opzione donna. Poiché l’interpretazione proposta appariva poco fondata, lo stesso ente previdenziale, con il messaggio n. 9304 del 2 dicembre 2014, aveva segnalato a tutte le sue strutture territoriali che le eventuali domande di pensionamento d’anzianità, in regime sperimentale, presentate dalle lavoratrici che perfezionavano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015, ancorché la decorrenza della pensione si collocasse oltre alla medesima data, non dovessero essere respinte, ma tenute in apposita evidenza.
Di fatto si era determinato un vero e proprio scarica barile fra Inps e Governo. Perché l’Istituto previdenziale, da un canto, aveva accettato di ricevere le domande ma non si pronunciava sulla proroga essendo, di fatto, teoricamente già scaduta la finestra per uscire dal lavoro alle donne che scegliessero tale condizione, con 57 anni e tre mesi, dall’altro è sembrato aspettare una presa di posizione da parte del Ministero del Lavoro. Tuttavia le pensioni anticipate con questo sistema saranno comunque possibili anche quest’anno. Infatti la legge di Stabilità 2016 ha previsto la possibilità di accesso alle donne che hanno maturato i requisiti entro il 2015, e non la decorrenza come indicato in precedenza.
Poiché a questi trattamenti si applicano ancora le finestre mobili, che durano fino a 18 mesi, le scelte effettuate da chi ha maturato i requisiti l’anno scorso si vedranno in gran parte quest’anno e l’anno prossimo. Secondo la relazione tecnica alla legge di Stabilità si dovrebbero aggiungere altre 36.000 persone.
Ricordiamo che il calcolo dell’assegno viene fatto con il sistema contributivo invece che con quello misto e ciò comporta una decurtazione dell’importo. Sempre nel rapporto Inps si evidenzia che per le lavoratrici del settore privato l’assegno medio è di 977 euro ed è il 35 % in meno di quello medio delle pensioni anticipate liquidate nel 2015. È evidente, comunque, che l’interesse verso il pensionamento anticipato è cresciuto nel corso degli anni, di pari passo con l’incremento dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata. In particolare tra il 2014, quando le prestazioni liquidate sono state 15.479, e il 2015 c’è stato quasi un raddoppio (28.202).
I dati costituiscono un elemento di riflessione riguardo allo strumento di flessibilità di accesso alla pensione (Ape) a cui sta lavorando il Governo e la cui penalizzazione economica massima dovrebbe essere inferiore a quella derivante dall’opzione donna a fronte di un anticipo massimo di tre anni.
Claudio Testuzza – 12 luglio 2016